ARTICOLO 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

L’uguaglianza trattata nell’articolo 3 della Costituzione è innanzitutto formale; dunque è trattata la parificazione dei singoli di fronte alla legge: un cittadino può essere cattolico, ebreo, musulmano o ateo, ma per la legge non cambia nulla, non vi sono distinzioni e i suoi diritti restano i medesimi.

La seconda parte dell’articolo, implica che la Repubblica debba favorire l’uguaglianza sostanziale, ossia l’uguaglianza effettiva: vi sono fattori che possono determinare tra i cittadini una diversità tale da impedire l’esercizio dei diritti fondamentali, come può essere la scarsa istruzione o la provenienza da un ambiente degradato.

Il principio di uguaglianza è molto radicato nella società, anche se episodi di razzismo e di intolleranza sembrano metterlo in discussione. Questo principio afferma che gli uomini posseggono gli stessi diritti. Nonostante ciò, razza, sesso, opinioni politiche determinano importanti differenze tra i cittadini, ma non così sostanziali da rendere alcuni superiori e altri inferiori. In una società nella quale vige la democrazia, la diversità è una caratteristica essenziale, senza la quale la democrazia si trasformerebbe in un regime.

Pertanto, l’articolo 3, diviso in due commi, tratta rispettivamente i due principi di uguaglianza formale e sostanziale.