La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

L’Assemblea costituente – memore dell’annullamento dei diritti di libertà a opera del regime fascista – decise di aprire la prima parte della Costituzione con un articolo dedicato alla libertà personale, intesa come condizione indispensabile per poter godere di qualsiasi altra libertà.
Il Comitato di redazione della Costituzione, allo scopo di prescrivere un identico iter normativo, propose una formulazione che riuniva in un solo articolo le disposizioni relative alle tre classiche inviolabilità, ovvero della persona (art. 13), del domicilio (art. 14) e della corrispondenza (art. 15). L’Assemblea costituente, però, decise di dedicare un articolo apposito a ciascuna delle tre inviolabilità.
Circa l’art. 13, il dibattito si concentrò sull’ultimo comma che introduceva il concetto di libertà provvisoria, sancita dalle costituzioni liberali quali, per esempio, quella degli Stati Uniti d’America. Di fatto, i costituenti affermarono la necessità che l’ordinamento giudiziario italiano stabilisse un limite all’attesa dell’imputato detenuto: qualora esistesse una prova sicura di responsabilità dell’imputato questo doveva essere rinviato a giudizio in tempi rapidi, altrimenti doveva essere scarcerato per assoluzione oppure rilasciato provvisoriamente in attesa del processo (libertà provvisoria).

La libertà, come intesa nell’art. 13, è un diritto inviolabile che spetta a tutti (cittadini e stranieri), è valido sia nei confronti dei privati che dei pubblici poteri e può essere limitato solamente in base alle disposizioni contenute nella Costituzione. Nel corso degli anni, la giurisprudenza costituzionale ha interpretato la nozione di libertà personale come «libertà fisica contro arbitrarie misure coercitive», «libertà contro misure degradanti della dignità sociale» e «garanzia contro la menomazione della libertà morale».
L’art. 13 indica molto chiaramente che le eventualirestrizioni della libertà personale possono essere decise solamente attraverso leggi approvate dal Parlamento (ovvero, l’organo dello Stato che più rappresenta i cittadini in quanto da loro eletto), a loro volta subordinate ai principi affermati nella Costituzione. In «casi eccezionali di necessità e di urgenza» (come, per esempio, un furto o un tentativo di omicidio), l’autorità giudiziaria è autorizzata a trannere in arresto una persona che può restare in stato di arresto per non più di 96 ore: trascorso questo tempo – nei casi in cui i giudici non abbiano convalidato il fermo – il provvedimento restrittivo perde la sua validità.
L’articolo, infine, dichiara l’assoluta illegittimità di qualsiasi forma di violenza fisica o psicologica in grado di annullare l’autonomia psichica di una persona che si trova in stato di arresto o di fermo (si pensi, per esempio, a tutte le possibili forme di tortura che possono essere esercitate per estorcere una confessione).