L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
L’Assemblea Costituente si trovò largamente concorde nell’approvare questo articolo che ripudia la guerra come strumento di offesa verso gli altri popoli.
Non è difficile immaginare le ragioni di un consenso così ampio: vi era la volontà di non ripetere gli errori fatti dal regime fascista che aveva trascinato l’Italia a combattere la seconda guerra mondiale. I risultati di quella guerra, infatti, furono disastrosi e precipitarono il paese in uno stato di profonda miseria.
Nel corso del dibattimento, fu proposto un solo emendamento («… alle limitazioni di sovranità necessarie alla unità dell’Europa e a un ordinamento che assicuri…»), poi ritirato in quanto l’Assemblea rassicurò il proponente che l’aspirazione all’unità dell’Europa era un «principio italianissimo».
La prima parte dell’art. 11 sancisce il ripudio delle guerre di aggressione. La giurisprudenza si trova concorde nel sostenere l’ammissibilità della guerra difensiva, intesa come intervento per difendere il territorio della Repubblica da eventuali aggressioni (secondo alcuni, la guerra può essere considerata difensiva anche quando è necessaria per difendere beni e interessi nazionali che si trovano fuori dai confini nazionali).
Negli ultimi anni si è posto il problema della partecipazione italiana agli interventi armati a fini umanitari e alle operazioni di polizia internazionale. La partecipazione a queste ultime – che implicano l’uso della forza armata con modalità belliche – ha suscitato un forte dibattito: secondo una corrente di pensiero questi interventi sono privi delle necessaria legittimità costituzionale; altri studiosi, invece, ritengono ammissibile la partecipazione italiana sulla base di una consuetudine di diritto internazionale che impone la tutela dei diritti umani.
La seconda parte dell’art. 11 – pensata per permettere all’Italia di aderire a un nuovo organismo sovranazionale per la promozione della pace, come l’Organizzazione delle Nazioni Unite – è stata generalmente interpretata come fondamento giuridico per la legittimazione costituzionale dell’adesione italiana ad organizzazioni internazionali. In seguito, la sua interpretazione è stata estesa per conferire una base costituzionale alla partecipazione italiana al processo di costruzione europea (l’adesione dell’Italia alle Comunità economiche europee e, successivamente, all’Unione europea).