I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
L’art. 28 fu approvato dopo un’accesa discussione. L’Assemblea, infatti, era divisa fra coloro che consideravano la responsabilità dello Stato per i fatti commessi dai propri dipendenti diretta (per fatto proprio) e coloro che la ritenevano indiretta (per fatto altrui).
Secondo i primi, lo Stato non poteva essere giudicato responsabile dell’insuccesso dei «suoi sforzi» e non poteva rispondere della «cattiva scelta dei suoi dipendenti». Secondo i secondi, invece, quando i dipendenti dello Stato commettevano mancanze o danneggiavano i cittadini « per errore o per dolo» era lo Stato stesso a aver «mancato e danneggiato» e, quindi, era obbligato a riparare.
Alla fine l’Assemblea riuscì a trovarsi concorde sulla responsabilità indiretta che imponeva allo Stato di risarcire i danni causati dai suoi dipendenti «secondo quanto stabilito dalla legge civile».
L’art. 28 si riferisce ai comportamenti illeciti che possono essere compiuti da dipendenti o da funzionari della Pubblica amministrazione (ovvero, l’insieme dei soggetti che sono preposti allo svolgimento di funzioni di pubblico interesse quali la sanità, l’istruzione, l’ordine pubblico… Organi della pubblica amministrazione sono, per esempio, i ministeri e gli uffici di Comuni, Province e Regioni).
Un cittadino che è stato danneggiato da un impiegato o da un funzionario dello Stato può chiedere il risarcimento dei danni direttamente alla Pubblica amministrazione. Nel caso in cui un impiegato e un funzionario abbiano commesso reati penali, a risponderne non è la Pubblica amministrazione in quanto, come abbiamo visto, la responsabilità penale è personale e quindi riguarda solamente i singoli soggetti e non lo Stato.