La responsabilità penale è personale.
L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.
Il primo comma dell’art. 27 – dove i costituenti ribadivano che ciascun individuo è perseguibile penalmente solamente per un fatto commesso da lui stesso – fu approvato in quanto i costituenti avevano ben presenti le rappresaglie compiute dal regime fascista su persone estranee ai fatti (e sui loro beni), nonché la persecuzione dei familiari dei cosiddetti «criminali politici» (ovvero, chiunque si opponeva apertamente al regime fascista).
Con il secondo comma, l’Assemblea volle ripristinare le garanzie cancellate dal regime fascista con il Codice penale del 1930.
Quanto al terzo comma, il suo significato era illustrato dall’on. Umberto Tupini (Democrazia cristiana): «[…] effettivamente la società non deve rinunciare ad ogni sforzo, ad ogni mezzo affinché colui che è caduto nelle maglie della giustizia, che deve essere giudicato, che deve essere anche condannato, dopo la condanna possa offrire delle possibilità di rieducazione».
Infine, l’Assemblea approvò senza alcuna osservazione la norma che escludeva la pena di morte dall’ordinamento giudiziario italiano.
L’art. 27 contiene i principi fondamentali dell’ordinamento penale italiano.
Il principio della personalità della responsabilità penale: ciascun individuo è responsabile solamente per le proprie azioni e, quindi, non può essere punito per un reato commesso da altre persone. Questo principio mira a vietare il rischio che le pene possano essere trasmissibili (per esempio, che la pena per un reato commesso dal padre possa ricadere sui figli).
Il principio di non colpevolezza fino alla condanna definitiva: ciascun cittadino italiano è dichiarato non colpevole fino a quando non sia stata emessa la sentenza definitiva che accerta la sua responsabilità penale. Allo scopo di garantire questo principio, quando un cittadino è sottoposto a indagine riceve un avviso di garanzia, che è uno strumento pensato per permettere alla persona indagata di conoscere i motivi dell’inchiesta e, quindi, di organizzare al meglio la propria difesa.
Il principio di umanità della pena: la Costituzione obbliga i legislatori a non approvare modalità di pena che siano lesive del rispetto della persona (quali, per esempio, pene corporali o forme di tortura).
Il principio della finalità rieducativa della pena: le pene non devono tendere solamente a punire chi si è reso colpevole di un reato, ma, se possibile, devono mirare anche alla sua rieducazione favorendone il reinserimento nella società.