I cento passi è un film del 2000 diretto da Marco Tullio Giordana dedicato alla vita e all’omicidio di Peppino Impastato, attivista impegnato nella lotta a Cosa nostra nella sua terra, la Sicilia.
Il titolo prende il nome dal numero di passi che occorre fare a Cinisi per colmare la distanza tra la casa della famiglia Impastato e quella del boss mafioso Gaetano Badalamenti.
Il film rese note al grande pubblico la storia e la tragica fine di Peppino Impastato, che fino ad allora erano passate praticamente inosservate in quanto Impastato venne ucciso il 9 maggio 1978, lo stesso giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, in via Caetani a Roma e la tragedia nazionale mise in ombra la vicenda dell’attivista siciliano.
«Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare… prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!»
Il giovane Giuseppe Impastato, chiamato da tutti Peppino, vive a Cinisi negli anni ’70 cercando di sfuggire all’inesorabile legame con l’ambiente di Cosa nostra che il padre Luigi, un po’ per inerzia, un po’ perché ha una famiglia con una moglie e due figli da proteggere, non ha la forza di rompere. Anche di fronte alla vulnerabilità sua e della propria famiglia, Peppino, animato da uno spirito civico irrefrenabile, non esita, con l’involontaria complicità del fratello Giovanni, ad attaccare i mafiosi di Cinisi e a denunciarne pubblicamente le malefatte.
Il percorso “controcorrente” di Peppino nasce quando, da bambino, vede scorrere davanti a sé gli albori della lotta politica contro la mafia e il potere a essa colluso, lotta a cui poi prenderà attivamente parte diventato prima adolescente e poi adulto. Dopo la morte violenta dello zio capomafia don Cesare Manzella, saltato in aria su un’Alfa Romeo Giulietta all’interno della quale era stato messo un ordigno esplosivo, l’incontro con il pittore comunista Stefano Venuti, il rifiuto del padre biologico e della famiglia intesa in senso mafioso e il formarsi con il pittore idealista, suo vero “padre etico”, sono i punti di svolta della vita di Peppino, che lo segneranno per il resto della sua esistenza.
Il giovane Impastato scrive articoli, uno dei quali è intitolato La mafia è una montagna di merda, che lo rendono malvisto agli occhi della criminalità, e fonda Radio Aut, emittente dai microfoni della quale attacca e prende in giro la mafia, in particolare il capomafia del suo paese Gaetano Badalamenti, “don Tano”, e denuncia i suoi atti criminali. Candidatosi alle elezioni comunali per il partito Democrazia Proletaria, la sua frase «noi comunisti perdiamo perché ci piace perdere», pronunciata durante un comizio, sembra quasi un preludio alla sua tragica morte, avvenuta a campagna elettorale ancora in corso, con il suo corpo esanime adagiato sui binari della ferrovia in modo da far credere che si fosse suicidato. L’evento passa praticamente inosservato in quanto avviene nello stesso giorno in cui le Brigate Rosse uccidono il politico Aldo Moro e ne fanno ritrovare il corpo in via Caetani a Roma; Peppino era ormai diventato troppo scomodo per i mafiosi e il padre, che era morto in un oscuro incidente, non lo poteva più proteggere da don Tano.