Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

La prima formulazione dell’articolo prevedeva una diversa conclusione che recitava: «purché non si tratti di principî o di riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume». L’Assemblea decise di sopprimere le parole «principî» e «ordine pubblico»: la prima per evitare che un eventuale divieto riguardasse un giudizio di merito sui principi espressi dalle diverse religioni; le seconde per la preoccupazione che, in futuro, fosse possibile limitare la libertà religiosa adducendo come motivo la tutela dell’ordine pubblico.
Nel corso della discussione l’on. Arturo Labriola (Unione democratica nazionale, d’ispirazione liberale) propose un emendamento volto a dichiarare «pienamente libere» le organizzazioni dirette a diffondere il «pensiero laico o estraneo a credenze religiose», che non fu approvato in quanto secondo la maggioranza dell’Assemblea erano già garantite dagli articoli 21 (libertà di manifestare il proprio pensiero) e 33 («L’arte e la scienza sono libere»).

L’art. 19 si limita a riconoscere la libertà religiosa senza fare espliciti riferimenti alla libertà di coscienza e alla libertà di cambiare religione. A partire dalla fine degli anni Settanta, però, la Corte costituzionale ha riconosciuto il fondamento costituzionale della libertà di coscienza (intesa come «libertà di formarsi una coscienza») e del diritto di mutare credo religioso, nonché l’applicabilità dell’art.19 a favore degli atei e dei non credenti.
L’art. 19 si applica sia ai cittadini italiani che agli stranieri. Recentemente, la giurisprudenza ha iniziato a fare propri i principi espressi nella Convenzione di New York sui diritti del fanciullo(1989), riconoscendo al minore il diritto alla libertà di coscienza e di religione e quello di essere interrogato dal giudice circa le scelte che lo riguardano (per esempio, nel contesto delle separazioni coniugali per quanto concerne le conversioni religiose che, solitamente, coincidono con quelle di uno dei genitori).
L’art. 19 ha trovato una piena applicazione solamente dopo la firma del nuovo concordato del 1984 che ha stabilito l’uguale libertà di tutte le confessioni religiose.